Chi siamo?

Siamo quattro ragazze frequentanti il secondo anno di Scienze della Formazione Primaria presso l'Università di Bologna.


Abbiamo frequentato le lezioni del Professor Nicola Cuomo di Pedagogia Speciale; il quale ci ha presentato le strategie di intervento ed integrazione di bambini che si trovano in situazione di svantaggio dovuto ad un deficit; ed è nell'ambito dello svantaggio che si deve intervenire per ridurlo.

Questo è il metodo "Emozione di Conoscere".

Saturday, January 22, 2011

L'importanza della prima impressione

Per ottenere un'ottima integrazione, bisogna prestare attenzione e molta cura al momento dell'accoglienza e della presentazione dell'alunno con deficit (sopratutto nei momenti di passaggio da un ordine scolastico all'altro) e i suoi compagni devono essere coinvolti attivamente nell'elaborazione delle attività a lui destinate, investendoli del merito e dei suoi successi.

Si potrebbe organizzare una presentazione tipo: "Ragazzi, in questa classe avremo il piacere di avere con noi una persona straordinaria, un ragazzo con problemi nella relazione e nell'apprendere. La sua patologia porta dei problemi sul piano dell'apprendere e talvolta nel carattere, nella relazione, ciò nonostante può e riesce con la sua tenacia a superarli. Il superare problemi dipenderà moltissimo anche da noi tutti: se siamo in grado di sostenerlo nei suoi sforzi, sicuramente supererà molti dei suoi problemi. Noi possiamo aiutarlo e nel contempo potremmo imparare molte cose da lui, dalla sua sensibilità, attenzione, tenacia... Dobbiamo cercare tutti insieme di sostenerlo ed i suoi successi, la sua felicità saranno sicuramente il risultato del lavoro di tutti noi."


Facendo partecipare la classe al problema del bambino con handicap li rendiamo partecipi della sua situazione e li responsabilizziamo nei suoi confronti, portando così a creare un ambiente positivo per la crescita del bambino con bisogni speciali.
Voi, conoscete altri metodi? Avete consigli per presentare al meglio un bambino in situazione di difficoltà?



Fonte: "Le leggi verso le buone prassi dell'integrazione nell'ambito della Pedagogia Speciale" di A. Imola

Friday, January 21, 2011

Una didattica invadente

La frequente invadenza dell'adulto rischia di non fornire al bambino lo spazio, il tempo, le occasioni, la possibilità di sperimentare e di ricercare sue ed originali ipotesi ed opportunità adeguate al risolvere problemi, la possibilità di sperimentare anche gli errori ed il loro superamento. Il consenso dell'adulto produce immediatamente un positivo sentirsi gratificati; ma il desiderio di consenso del bambino che chiede di sperimentarsi senza paura di sbagliare, se non è appagato, può produrre una cieca accondiscendenza.

Un suggerimento che si vuole dare ai genitori è quello di non rimproverare i bambini con giudizi morali, ma è giusto dare spiegazioni e/o suggerimenti che possano aiutare a raggiungere l'obiettivo.
L'intervento educativo non deve proporre il "non lo devi fare" o "lo devi fare", ma dovrebbe divenire l'occasione per poter valutare la possibilità di farlo o no, con l'ausilio di chi, di che cosa.

Il progetto educativo deve orientare i suoi interventi, non solo ai contenuti, ma alle strategie.
Leggere, scrivere, fare di conto, devono divenire le occasioni per il bambino per sperimentare che non si è in grado di superare immediatamente e sempre un ostacolo o risolvere un problema.
Spesso i contenuti didattici, vengono per così dire "precotti" e gli alunni vengono "imboccati"; ciò propone il rischio di una persona che si pone passivamente in una condizione di fredda ed indifferente attesa dei contenuti, per apprenderli tali e quali, e per ripeterli.

Il passivo ricevere non propone "L'emozione di conoscere".

E' fondamentale fornire ai bambini opportunità culturali, competenze che li facciano orientare alla ricerca di strumenti, di possibilità per superare gli ostacoli, in modo da percepire quale successo anche il richiedere l'aiuto degli altri, trovando il successo nel saper chiedere, a chi chiedere, come chiedere, quando chiedere e nel saper attendere...


Fonte: "Le buone prassi tra il dichiarato e l'agito" di E. Bacciaglia, N. Cuomo.

Wednesday, January 12, 2011

Studio e mi diverto.

Nonostante la difficoltà di trovare dei progetti che aiutino l’integrazione e non isolino il bambino in difficoltà, siamo riuscite a trovarne uno abbastanza interessante: “Studio e mi diverto.”

Siamo in una scuola di Varese; Il progetto consiste nel trasformare le lezioni di geografia (i capitoli relativi agli ambienti “fiume”, “lago” e “mare”) in un momento di collaborazione e utilizzo di più mezzi finalizzati alla creazione di una sorta di “visualizzazione” mentale di quanto studiato.
La classe è stata divisa in gruppi di lavoro, i quali hanno dovuto cercare materiali in Internet, e fatto disegni sui temi riguardanti il progetto. I disegni sono stati poi scannerizzati e presentati con Power Point.

La cosa che vorremmo far notare, è quello che risulta dalla valutazione della responsabile del progetto: “Ma ciò che ho trovato massimamente apprezzabile è stata la diversa relazione che si instaura nel gruppo classe. In qualche modo i ruoli consueti vengono scardinati: un buon gruppo di coloro che solitamente sono disinteressati e svogliati si è mostrato partecipe e attivo. Non solo. Mi ha stupita moltissimo veder intervenire alcuni alunni che difficilmente si esprimono se non interpellati. In particolare una bambina, che non si espone mai e risponde a monosillabi solo se chiamata in causa, davanti a una lezione di questo genere si è “sciolta” e ha progressivamente cominciato a rispondere alle domande e, con mia grande sorpresa, a porne lei e ad intervenire per condividere vissuti personali legati a posti simili a quelli visti nelle immagini. Mi sono ripetutamente chiesta cosa abbia generato in lei questo cambiamento e ho formulato qualche ipotesi: per esempio ho pensato che il fatto di non trovarsi in classe, ma in aula video, possa averla liberata dall’ansia da prestazione, non facendole percepire che anche quella era una lezione e liberandola così dal peso del giudizio dell’insegnante e dei compagni; o forse semplicemente questo nuovo stimolo più “concreto” le ha suscitato curiosità e le ha creato un maggior bisogno di comunicare qualcosa di se stessa; o forse, vedendo il proprio disegno su megaschermo, si è sentita meno inadeguata. Non ho una risposta certa, ma sono felice del risultato!”.

Osservazioni:
Come il Professor Cuomo, ci aveva accennato a lezione, l’uso del lavoro di gruppo, soprattutto in classi con la presenza di bambini in situazione di difficoltà, aiuta tantissimo l’integrazione dello stesso e non solo, come ha fatto notare l’insegnante, anche una bambina che non necessità del sostegno riesce a superare la propria difficoltà ad esprimersi nonostante la sua timidezza.
Uno dei motivi per cui, il lavoro di gruppo è importante è perché i bambini vengono spronati ad essere responsabili ed ognuno riesce a trovare il proprio posto in quella situazione.




E' possibile integrare le differenze?!?

Le coccinelle gialle sono capaci di adattarsi alla famiglia e le coccinelle rosse non "creano" problemi nel'accettarle...ma anche nella scuola succede così? Come si fa creare l'ambiente favorevole all'integrzione??

“Il processo di adattamento, durante il quale tutti (bambini, genitori, insegnanti) acquisiscono nuovi ruoli, nuove relazioni e nuovi vincoli.
Per alcuni è più facile per altri più difficile…”

La voglia e le paure per Ruth Harf 

Adattarsi non vuol dire solo rimanere nella scuola materna senza piangere. Ma è rimanere sentendosi sicuri, con fiducia in se stessi, partecipando ai momenti di gruppo, acquisendo gradualmente maggior autonomia in tutte le azioni.


Il processo di integrazione inizia dalla Scuola dell'Infanzia, che deve promuovere le condizioni necessarie per favorire l'integrazione del bambino in situazione di handicap.


Se ci mettiamo nell'ottica di una scuola in cui ci si propone di integrare bambini con diverse capacità, cresce anche il desiderio di adattamento. In una scuola dell’Infanzia che si propone come spazio flessibile in cui i diversi saperi circolano liberamente, si otterrà che la differenza integra e che l’errore venga riconosciuto come qualcosa di costruttivo, affinchè tutti, il gruppo e la sua famiglia, accettino il bambino partendo dalla sue capacità e ammettendo le sue differenze.


Questa idea ci mette di fronte a sfide interessanti: il dover lavorare con la famiglia, il bambino ed il gruppo classe.

Lavorando con il bambino e con la sua famiglia si deve cercare di calmare l’ansia, interpretare angoscie e alleviare paure. Si deve fare in modo che tutti i bambini e le loro famiglie convivano con le differenze, assicurando sicurezza a lui e alla sua famiglia. Inoltre, è importantissimo favorire la comunicazione, sin dalla prima riunione fra genitori, per evitare quei pregiudizi che provocano l’isolamento del bambino.


Lavorando con il gruppo di bambini, invece, bisogna far in modo che già dal primo giorno, tutti sappiano di far parte di una classe formata da bambini con diverse capacità. Questa spiegazione non deve includere una protezione esagerata che isola il bambino con deficit, si tratta al contrario di trovare nella metodologia speciale un’opportunità per responsabilizzare il resto del gruppo. Così, la classe non discriminerà ma includerà il bambino con deficit.
Inoltre ogni giorno si deve lavorare per sensibilizzare il gruppo di bambini a valori di solidarietà, rispetto e collaborazione, renderli partecipi della problematica, al fine di far sì che tutti si sentano integrati e nessuno escluso.


...e voi? Avete qualche consiglio per creare il clima ideale per l'integrazione e l'adattamento, non solo nella scuola dell'infanzia ma anche nella primaria? Come vi comportate di solito? 

Saturday, January 8, 2011

Il biglietto da visita deve cambiare: bisogna sottolineare le abilità e non le disabilità.

Vi vogliamo presentare la storia di Claudio Imprudente, presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, scrittore e giornalista, è al vertice di una equipe di formatori sul tema della diversità.
Ama definirsi "diversabile". Comunica attraverso una lavagnetta di plexiglas, con l'aiuto di un interlocutore in grado di cogliere il suo sguardo.
Sostiene che la cosa fondamentale sia cambiare il biglietto da visita di ognuno, ossia sottolineare le abilità e non le disabilità. Occorre creare relazioni di pace per condividere le cose che si hanno in comune e valorizzare le abilità e le potenzialità dell'altro.
L'integrazione scolastica è il centro strategico di ciò che dovrebbe accadere nell'ambito della diversabilità: accoglienza, fiducia, normalità, diritti, sperimentazioni di modi più efficaci di rispondere ai bisogni, educazione e formazione per tutti, senza distinzioni. Sbagliata è la "teoria della separazione", ossia, separare chi non sembra normale da chi crede di esserlo e segregare questi in scuole speciali, classi speciali, istituti o residenze superprotette.
La qualità dell'integrazione in relazione alla qualità della scuola, nel senso che, una scuola che integra bene è una scuola che funziona bene per tutti gli alunni; per fare ciò bisogna trovare nella normalità delle situazioni di vita scolastica di tutti, che vanno arricchite, non con "stanze speciali" che non sono efficaci per nessuno, ma serve la "speciale normalità".

Osservazioni:
Vi abbiamo proposto queste poche righe pensando che possano essere un'occasione importante per stimolare riflessioni, discussioni, promuovero lo scambio di esperienze, sensibilizzare e soprattutto per sostenere la piena integrazione scolastica e sociale.

Fonte: Testo, "Diversabilità" di A. Canevaro e D. Ianes

Wednesday, December 22, 2010

La posta delle Coccinelle

Lasciamo uno spazio libero per raccontarci le vostre esperienze, farci delle domande o esprimerci i vostri dubbi.
Siamo qui a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento.
Grazie.